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giovedì 23 ottobre 2008

I FATTI DEL BUONGOVERNO: Quanto ci costerebbe il pacchetto-clima

Il vertice sul clima di Lussemburgo mirava a fissare entro dicembre l’avvio di un pacchetto di misure sul clima per dare attuazione da parte europea al protocollo di Kyoto, firmato da 141 nazioni nel 1997 ed entrato in vigore nel 2005. Questo pacchetto, che va oltre il Protocollo stesso, prevede un taglio del 20% delle emissioni inquinanti, il 20% in più di efficienza energetica, il 20% in più di energia ricavata da fonti rinnovabili. Il tutto entro il 2020.

Quanto costerebbe all’Italia
Secondo il nostro governo tra i 18 ed i 25 miliardi di euro l’anno, in media più dell’1,5% del Pil. Secondo l’Unione europea tra 9,5 e 12,3 miliardi di euro l’anno.

Che cosa ha chiesto il governo
Non di abbandonare la battaglia contro l’inquinamento (nella quale, come vedremo, abbiamo la coscienza più pulita di altri), ma di considerare due fattori: l’impatto che i nuovi oneri avrebbero in un momento di recessione industriale; ed il meccanismo di calcolo dell’inquinamento per ogni singola nazione e dei relativi costi, visto che le nostre cifre e quelle di Bruxelles non coincidono.

Che cosa ha risposto l’Unione europea
Un tavolo tecnico riesaminerà i costi per paese mentre il calendario delle date per la riduzione dei gas resta per ora confermato. Su questo argomento ogni paese ha diritto di veto. I paesi dell’Est, con l’eccezione della Slovenia che tradizionalmente segue la Germania, si sono schierati con l’Italia; la Francia di Sarkozy, presidente di turno dell’Ue, ha adottato un atteggiamento flessibile per arrivare ad un accordo ragionevole entro fine anno.

Che cos’è il Protocollo di Kyoto
Si tratta di un accordo internazionale per ridurre tra il 2008 e il 2012 i gas serra del 5,2% a livello mondiale. L’Ue nel suo complesso si è impegnata in media per una riduzione dell’8%, l’Italia accettò il 6,5. Al protocollo però non aderiscono gli Usa; Cina ed India, pur avendo firmato, sono esonerate dagli obblighi di riduzione dell’inquinamento; Canada e Giappone si oppongono ad assumere impegni precisi. Come si vede il Protocollo stesso appare una gigantesca ipocrisia. Altro che isolamento dell’Italia.

Che cosa dicono gli esperti
Franco Prodi, direttore dell’Istituto di Scienze dell’Atmosfera del Cnr di Bologna, fratello dell’ex premier Romano, è stato il primo a rompere il muro di conformismo finto-ambientalista. “Non è l’Italia, è l’Unione europea ad essere isolata nel mondo” afferma. “Il Protocollo va riscritto altrimenti l’intera industria, che non riuscirà a sopportarne i costi, andrà in crisi e sposterà la produzione nei paesi più inquinanti. Il che provocherà un aumento, non una riduzione dell’inquinamento”. Cosa che del resto fa già la Germania, virtuosa in Europa ma non in Russia o in Cina. Non solo. Franco Prodi considera il Protocollo “puramente dimostrativo. L’Europa taglierebbe i gas serra imponendo sacrifici all’industria e alla popolazione; dall’altro capo del mondo Cina e India continuano a crescere adottando i peggiori modelli di sviluppo inquinante. Non va. Bisogna ristudiare da capo a fondo le politiche ambientali, con azioni concordi, senza compromettere lo sviluppo e con il coinvolgimento della popolazione”. Il fratello di Romano Prodi contesta anche le stime sul riscaldamento del pianeta: “Quando vedo una previsione per fine secolo tra un minimo di aumento di un grado e un massimo di sette dico che una forbice così ampia non è seria”.

Perché l’Italia è penalizzata
Anche in questo caso la fonte non è sospetta: si tratta degli Amici della Terra, associazione legata i radicali. “Le misure del piano Ue sono poco trasparenti e colpiscono ingiustamente l’Italia” dice Rosa Filippini, presidente dell’associazione. Di che si tratta in particolare? Delle emissioni di anidride carbonica, responsabile dell’effetto serra, misurate per abitante. Con questo metodo di calcolo, giudicato più attendibile rispetto ai dati ufficiali di Bruxelles, si scopre che l’Italia produce 9,7 “tonnellate equivalenti” (lo standard per misurare l’inquinamento) di Co2 per persona, la Germania 12,2; la Gran Bretagna 9,9. La Francia è appena sotto l’Italia, ma grazie al ricorso massiccio all’energia nucleare. Non solo. La Germania, anche secondo i calcoli più prudenti, avrebbe un costo annuo per la “pulizia” dallo 0,49 allo 0,56 del Pil. L’Italia starebbe nella forbice più alta d’Europa, dallo 0,51 allo 0,66. Come mai? “Perché” spiega Carlo Stagnaro, direttore della ricerca dell’Istituto Bruno Leoni “l’Italia negli anni 90 si convertì al gas abbandonando progressivamente il carbone. La Germania disse invece che doveva sostenere il peso dell’unificazione con la Ddr, le cui industrie erano super-inquinanti. Ma siccome i tagli all’inquinamento si misurano in percentuale di anno in anno, l’Italia che è stata più virtuosa deve affrontare sacrifici maggiori della Germania. È come chiedere di mangiare meno a chi è già a dieta”.

Il problema delle auto
È ancora un altro fratello di Prodi, Vittorio, fisico ed eurodeputato dei liberaldemocratici, a svelare gli altarini: “Francia e Italia producono auto più piccole e meno inquinanti. La Germania produce grandi cilindrate che inquinano di più. Ma l’Ue, su pressione tedesca, vuol far passare il principio che i costi dell’abbattimento dell’inquinamento sulle automobili vanno divisi per il peso dei veicoli. Insomma, chi già inquina meno paga di più”.

Il capitolo nucleare
Infine c’è il problema dell’energia importata dall’Italia dalle centrali nucleari oltralpe. Si tratta ormai del 40% del nostro fabbisogno, ma questa energia non inquinante non viene conteggiato nei parametri Ue, che misurano il luogo di produzione non quello di utilizzo. Il governo ha approntato un piano per rilanciare nei prossimi anni le centrali nucleari in Italia. Ma questi progetti sono avversati dalla sinistra.

I fatti e gli slogan
Anzi, da quella parte della sinistra che continua a preferire gli slogan ai fatti. Smentita dagli ambientalisti seri. Afferma ancora Rosa Filippini: “Abbiamo le auto, vecchie e nuove, con i consumi al chilometro più bassi del mondo. Siamo il primo paese al mondo per il rendimento delle centrali termoelettriche, con un’efficienza superiore del 17% rispetto alla Germania. Perché il governo non dovrebbe far valere queste cose?”. Ma Veltroni e chi per lui continuano a parlare di “Italia isolata dall’Europa”, di “governo che ancora una volta non fa una bella figura sull’ambiente”. Perché non si informa? E soprattutto: perché non difende gli interessi del Paese (e dell’ambiente)?

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