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venerdì 28 novembre 2008

I FATTI DEL BUONGOVERNO: Il decreto legge per la sicurezza è legge

La Camera ha approvato in via definitiva il decreto legge per il contrasto alla criminalità organizzata e all’immigrazione clandestina, a partire dalla presenza di militari in chiave anti-camorra in Campania. I voti a favore sono stati 281 e quelli contrari 204. Il decreto era stato approvato dal governo il 2 ottobre, pochi giorni dopo la strage di immigrati africani a Castelvolturno, nel casertano.
Questi i punti principali del testo:


Invio di militari Il dl prevede l’invio di un massimo di 500 militari in aree in cui, a fronte di un’emergenza criminale, sia necessario assicurare un più efficace controllo del territorio. La missione del contingente scade il 31 dicembre.

Immigrazione clandestina Saranno costruiti nuovi centri di identificazione ed espulsione. Per la loro realizzazione sono stati stanziati sono stati stanziati 3 milioni di euro per il 2008 e 37,5 milioni negli anni 2009 e 2010. In totale, per la lotta all’immigrazione clandestina saranno disponibili 3 milioni per il 2008, 37,5 milioni per il 2009, 40,47 milioni per il 2010 e 20 milioni a partire dal 2011.

Fondo per le vittime della mafia È stato disposto un aumento straordinario di 30 milioni di euro del Fondo di solidarietà alle vittime dei reati mafiosi. Le risorse, chiarisce il testo, possono essere attinte anche al fondo di solidarietà per le vittime dell’usura. Non avranno diritto ad aiuti i coniugi, affini o conviventi di persone coinvolte o condannate per attività criminali, mentre potranno usufruirne i parenti, per un errore formalenon corretto.

Intercettazioni I provider sono autorizzati a conservare fino al 31 marzo 2009 i dati sul traffico telematico. A partire da quella data, poi, i gestori di telefonia dovranno conservare per 30 giorni i dati sulle chiamate senza risposta e i provider rendere disponibili i dati telematici dei loro utenti.

Giudici onorari Ai giudici onorari è stata attribuita un’indennità di 98 euro per le udienze svolte nello stesso giorno, più altri 98 euro se l’impegno giornaliero supera le 5 ore.

GELMINI: Dal nostro decreto legge una svolta per l'università italiana

“Il primo passo di una rivoluzione.” E’ questo l’auspicio del ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini, espresso durante il suo intervento nell’Aula del Senato dove e’ all’esame il decreto legge con le misure urgenti per universita’ e ricerca.

"Da vent’anni si parlava di come legare il merito alla carriera dei professori e di come vincolare i finanziamenti all’universita’ in base a parametri che ne valutassero la qualita’" ha ricordato la Gelmini, sottolinando che il suo provvedimento va proprio in questa direzione. Ma non e’ che un primo passo: ora serve "la riforma piu’ ampia" di "un sistema che oggi e’ paralizzato". Da qui la proposta di "aprire immediatamente un confronto ad ampio raggio" con il mondo accademico, la maggioranza ("salda nella spinta riformatrice") e l’opposizione (che "ha contribuito positivamente alla messa a punto del testo del dl") "per riflettere con spirito profondamente riformatore su come voltare pagina". L’obiettivo e’ ambizioso: quello di "un cambiamento piu’ volte tentato" dai suoi predecessori "e rimasto incompiuto". La Gelmini ha citato Ruberti, Berlinguer e Moratti nei confronti dei quali si e’ posta "in una linea di continuita’". Quanto al provvedimento che porta la sua firma, segnera’ "una svolta all’insegna del rigore e del riconoscimento del merito" ed e’ la "migliore risposta a chi in buona o in mala fede" ha dichiarato che il governo tagliava i fondi per il diritto allo studio. Questo il contentuto della legge.

Le universita’ che spendono in stipendi piu’ del 90 per cento dei finanziamenti statali (fondo di finanziamento ordinario) non potranno bandire concorsi ne’ assumere personale. La norma vuole porre un freno alle gestioni finanziarie non adeguate di alcune universita’, soprattutto nel rapporto entrate-uscite. Scatta invece una deroga al blocco del turn over per le universita’ "virtuose": il limite annuale di spesa per le nuove assunzioni di personale e’ fissato in misura corrispondente al 50 per cento della spesa relativa al personale a tempo indeterminato che ha cessato il servizio nell’anno precedente. (Il blocco del turn over e’ a quota 20 per cento nelle altre amministrazioni). Ciascuna universita’, stabilisce il dl, destina tale somma per una quota non inferiore al 60 per cento all’assunzione di ricercatori e per una quota non superiore al 10 per cento all’assunzione di professori ordinari. Per le assunzioni ci si puo’ avvalere anche dei contributi di soggetti privati. I bandi di concorso per posti da ricercatore gia’ emessi (2.300) sono esclusi dal turn over, cosi’ come gli enti di ricerca.Al fine di garantire maggiore trasparenza nei concorsi cambiano le regole per la composizione delle commissioni che devono giudicare gli aspiranti professori universitari di prima e seconda fascia. Saranno composte da un professore ordinario nominato dalla facolta’ che ha richiesto il bando e da quattro professori ordinari sorteggiati in una lista di dodici commissari eletti fra i professori ordinari appartenenti al settore scientifico-disciplinare oggetto del bando. Sono esclusi dal sorteggio relativo a ciascuna commissione i professori che appartengono all’universita’ che ha richiesto il bando. Per quanto riguarda il reclutamento dei ricercatori, in attesa di un riordino organico del sistema, le commissioni saranno composte da un professore ordinario o da un associato nominato dalla facolta’ che richiede il bando e da due professori ordinari sorteggiati in una lista di commissari eletti fra i professori appartenenti al settore disciplinare oggetto del bando in numero triplo rispetto al numero dei commissari complessivamente necessari nella sessione. Anche in questo caso sono esclusi dal sorteggio relativo a ciascuna commissione i professori che appartengono all’universita’ che ha richiesto il bando. Una commissione nazionale dovra’ controllare le operazioni di sorteggio che saranno pubbliche. Le nuove commissioni valgono anche per i concorsi gia’ banditi, per i quali sono stati riaperti i termini per la partecipazione, fissando al 31 gennaio 2009 la scadenza per la presentazione delle domande.
A partire dal 2009 il sette per cento del fondo del finanziamento ordinario e del fondo straordinario della Finanziaria 2008 sara’ distribuito alle universita’ migliori, prendendo in considerazione la qualita’ dell’offerta formativa, della ricerca scientifica e delle sedi didattiche. Le modalita’ di ripartizione saranno individuate da un successivo decreto, sentiti il Civr (Comitato di indirizzo per la valutazione della ricerca) e il Cnvsu (Comitato nazionale valutazione del sistema universitario). Gli atenei dovranno garantire trasparenza nei bilanci. I rettori in sede di approvazione del bilancio consuntivo dovranno anche pubblicare i risultati delle attivita’ oltre che i finanziamenti ottenuti da soggetti pubblici e privati. Le relazioni dei bilanci dovranno essere pubblicate sui siti degli atenei e inviate al ministero dell’Istruzione. La mancata pubblicazione sara’ un punto di demerito al fine delle assegnazioni dei finanziamenti. Fra le misure che vanno in questa direzione ci sono: l’istituzione dell’anagrafe delle pubblicazioni scientifiche aggiornata annualmente, gli scatti automatici dello stipendio dei docenti condizionati all’aver prodotto pubblicazioni scientifiche nell’ultimo biennio (in caso contrario lo scatto viene dimezzato). Pubblicazioni che diventano un requisito anche per far parte delle commissioni esaminatrici dei concorsi. I professori e i ricercatori che non pubblicano per tre anni restano esclusi anche dai bandi Prin, quelli di rilevanza nazionale nella ricerca.

lunedì 24 novembre 2008

Scende ancora il prezzo del petrolio

Finalmente il prezzo del barile di petrolio, dopo quasi due anni di attesa, si è riportato sotto i 50 dollari al barile, dopo il superamento dei 150 $ registrati nel corso dell'estate scorsa: questo non potrà far altro che portare dei benefici in termini economici ai consumatori finali, ovvero ai cittadini.

Già dall'inverno passato, infatti, il caro petrolio aveva iniziato a colpire le tasche delle famiglie italiane, passando dagli aumenti sulle bollette del gas a quelli sulle forniture di energia elettrica, fino ai rincari sui carburanti, campo in cui si è pressoché annullata la differenza di prezzo tra benzina verde e diesel e dove si è arrivati a sborsare oltre 1,50 €/l, con negative conseguenze di tipo economico su ogni rifornimento effettuato. Inoltre la correlazione tra i rincari di materie prime e quelli dei beni primari non ha fatto altro che peggiorare la già difficile situazione del paese, amplificando la cosiddetta «crisi della terza settimana».


Bisogna tuttavia sottolineare che in termini percentuali il prezzo del barile è aumentato in misura maggiore rispetto ai suoi derivati: questo grazie alla forza dell'euro rispetto al dollaro, che ci ha permesso di risentire in maniera meno accentuata, ma pur sempre significativa, degli effetti economicamente negativi. Al momento, dunque, un così brusco calo del prezzo del petrolio non potrà non dare una boccata d'ossigeno alle tasche degli italiani. Gli effetti positivi si avranno sia nel campo dei carburanti (il prezzo è nuovamente circa 1,20€ al litro), sia in quello delle forniture elettriche e di gas, che si riveleranno più economiche a partire già dal prossimo anno.


Ognuno di noi, ovviamente, si augura che i prezzi continuino a rimanere sulla soglia dei 50$/barile, più che altro per ammortizzare i costi eccessivi maturati nei mesi scorsi; non dimentichiamo che, oltre al cittadino, anche le imprese ne hanno risentito in maniera significativa; basti pensare agli autotrasportatori od alle compagnie aeree che traggono profitti proprio grazie all'utilizzo dei carburanti: si sono registrati rincari sia per quanto riguarda i beni di prima necessità sia nelle offerte delle compagnie low cost. Complice anche la difficile situazione internazionale, è normale che tutto questo si sia tradotto in un drastico calo dei consumi.


Ma cosa ha portato ad una così brusca picchiata delle quotazioni del greggio? Una inaspettata crescita di scorte da parte degli Stati Uniti, quindi un eccesso di offerta rispetto alla decrescente domanda degli ultimi tempi. Se il cittadino da tutto ciò trae molti benefici, non è così per le compagnie petrolifere, per le quali il prezzo del barile dovrebbe rimanere tra i 75 e i 90 dollari. Per fare in modo che questo accada, visto l'eccesso di offerta, l'unica via percorribile è quella del taglio di produzione, ipotesi auspicata da grandi produttori come Qatar e Iran; tuttavia questo potrebbe riaprire le porte alla speculazione, facendo innalzare nuovamente il prezzo al di sopra della soglia massima stabilita. I paesi aderenti all'Opec si riuniranno il 29 novembre al Cairo, in Egitto, per discutere sul da farsi.
C'è da aspettarsi che vengano prese misure che porteranno ad un innalzamento del prezzo del greggio, tuttavia, se si rimanesse all'interno del range stabilito, continueremmo comunque a trarne benefici, aspetto significativo per tutte quelle fasce deboli che, soprattutto nell'ultimo anno, hanno risentito delle turbolenze che hanno colpito tutti i settori indiscriminatamente. Da quest'ultima crisi internazionale è inoltre emerso, in modo molto chiaro, che è reale il bisogno di prendere posizioni più etiche e meno speculative per quanto riguarda i mercati finanziari, altrimenti la nefasta previsione dei 200 dollari/barile sarebbe solo rimandata a data da destinarsi.


[Ragionpolitica.it]

domenica 23 novembre 2008

FATTI & MISFATTI: Così il governo combatte l'evasione fiscale

“Crolla il gettito perché l’evasione ha ripreso ad aumentare”, ha pontificato Vincenzo Visco. Dall’ombra (del “ministro” Bersani) e dall’oltretomba (dell’ex ministro di Prodi) l’opposizione moltiplica i suoi sforzi per far passare il messaggio, bugiardo, secondo il quale questo governo non contrasta a dovere l’evasione. Non è vero, naturalmente: entrambi si esercitano nello sport di dare i numeri piuttosto che di citare le cifre, perché darebbero loro torto.Le bugie hanno le gambe corte, soprattutto quando si scontrano con i dati ufficiali di Bankitalia e con i contenuti dell’audizione di Attilio Befera, direttore dell’Agenzia delle Entrate, dinanzi alla commissione Finanze della Camera. Ecco la verità.

• Nei primi otto mesi del 2008 nessuna “forte frenata” delle entrate tributarie, ma soltanto una tempistica diversa da anno ad anno. Nel 2007 i contribuenti soggetti agli studi di settore hanno usufruito di una proroga dei versamenti all’8 agosto, mentre quest’anno il termine ultimo era fissato al 16 luglio. Rendendo omogenei i dati, emerge una diminuzione del gettito di circa un miliardo, dovuto essenzialmente alla contrazione dell’Iva (c’è la crisi, se ne sono accorti Bersani e Visco?) e non a una fantomatica resa agli evasori. La frenata ulteriore, se cisarà, verrà prodotta dal rallentamento dell’economia reale (come in ogni parte del mondo).

• La lotta all’evasione continua ed è testimoniata dall’aumento degli incassi sia da ruoli (+13,5%) sia da accertamenti e da altri istituti deflativi (+34%). In valori assoluti la lotta all’evasione è stata pari a 3,7 miliardi contro i 3 miliardi dello scorso anno. Befera ha precisato che “la crescita ha caratterizzato anche il terzo trimestre del 2008”.

• Sempre in questi otto mesi l’Agenzia delle entrate ha eseguito oltre 130mila accertamenti in materia di Iva, Irap e imposte dirette per una maggiore imposta accertata di 5,7 miliardi. “Gli accertamenti fiscali sono più che raddoppiati e le maggiori imposte sono quadruplicate rispetto allo stesso periodo del 2007” (ancora Befera).

• Quanto alla Corte dei Conti, che aveva segnalato come all’appello dei 26 miliardi promessi dai contribuenti con le adesioni ai condoni 2003-2004 mancassero 5,2 miliardi, l’Agenzia delle entrate ha tempestivamente precisato che tutti i ruoli sono stati consegnati a Equitalia, la quale ha provveduto a notificare le relative cartelle di pagamento: “La procedura di riscossione è pertanto pienamente in corso”.

• Nel frattempo, a conferma dei progressi della lotta all’evasione fiscale, si moltiplicano accordi e protocolli d’intesa fra Agenzie delle entrate e Comuni (molti “rossi”). Questo grazie al decreto legge 112/08 del governo Berlusconi, che ha introdotto significative novità per coinvolgere gli enti locali nell’azione di contrasto e repressione dell’evasione. Il primo tentativo in tal senso, fatto con la finanziaria 2006 di Prodi, era rimasto in buona parte inattuato. Tantissime ora le adesioni: i Comuni dell’Emilia e della Sardegna, grandi realtà come Torino e Palermo, una moltitudine di altri amministrazioni locali.

• Dopo l’era Visco, la cui cifra è stata quella della “complicazione” e di una produzione abnorme di disposizioni, la gestione Tremonti si prepara a una rivoluzione copernicana nei rapporti con il contribuente: semplificazione degli adempimenti, riduzione al minimo (fino teoricamente ad azzerarle) delle difficoltà e delle disfunzioni che possano arrecare disagio ai cittadini. Una riorganizzazione in nome dell’efficienza che comincerà a svilupparsi nel 2009 per esser completata nel biennio 2010-2011. Una macchina fiscale non “contro” il cittadino (stile Visco), ma “per” il cittadino (onesto). L’obiettivo è quello di innalzare al massimo livello l’ adempimento spontaneo degli obblighi tributari. La complicazione normativa è lo stagno nel quale sguazzano e ingrassano gli evasori. La semplificazione è la migliore arma per togliere loro l’ ossigeno. Si contrasta l’evasione non con l’arma del “terrore” nè sparando nel mucchio, ma alleandosi con il contribuente onesto e sviluppando un’azione mirata laddove si annida l’ illegalità fiscale. Non con la ricetta Visco, ma con la ricetta Tremonti. Checchè ne dicano le voci dall’ombra e dall’oltretomba.

venerdì 21 novembre 2008

Lospinuso: i fondi per i servizi sociali tagliati da Vendola

Una dimenticanza di Costantino
Riceviamo dal consigliere Regionale e Presidente Provinciale AN di Taranto Pietro Lospinuso e pubblichiamo. “Con riferimento alle politiche sociali della Regione, devo ricordare al Collega Costantino che il Governo Regionale da lui sostenuto, dopo avere bloccato –sulla pelle dei Pugliesi bisognosi- per un anno e mezzo le leggi esistenti con i relativi fondi e “Piani di zona” (in attesa di una riforma risoltasi di fatto in un’equiparazione surrettizia di ogni genere di convivenza alle famiglie naturali e di ogni genere di immigrati ai cittadini pugliesi), con il Bilancio 2008, a seguito anche dei tagli operati dal Governo- Prodi ai trasferimenti alle Regioni (per la Puglia, 90 milioni di euro), ha drasticamente tagliato i fondi per i servizi sociali, di fatto vanificando le sue stesse leggi.


Il Governo-Berlusconi invece, da lui citato a sproposito, non soltanto non ha tagliato per il 2009 un euro per i Servizi Sociali, ma ne ha ulteriormente incrementato i fondi per ulteriori 400 milioni, evitando così anche il ritorno dei tickets sulla diagnostica che Prodi aveva già varato. Quanto all’oggettiva esiguità dei fondi per la prima dote e per gli assegni di cura, che hanno consentito di soddisfare le richieste di pochissimi aventi diritto provocando la disillusione della stragrande maggioranza degli stessi, Costantino dovrebbe domandarsi se proprio non vi sono sprechi nelle spese regionali dai quali attingere per far sì che tali misure non si risolvano in una amara beffa per la stragrande maggioranza degli interessati. Se crede, glie ne fornisco io un robusto elenco, da Assessori “esterni” che non stanno certamente dando buona prova alle politiche cinematografiche ed alle “notti bianche” invernali a lode e gloria dei nostri governanti, dai costi dei super-managers e delle miriadi di consulenti politicamente corretti assunti “ad personam” ad una “comunicazione istituzionale” stramilionaria finalizzata alla propaganda politica, fino alle regalie a pioggia a favore di amici e, soprattutto, compagni nel nome di una pseudo-cultura a senso unico.


Quanto all’assegnazione a pochissimi fortunati delle suddette briciole, Costantino stesso ammette la sussistenza dei problemi da me segnalati, con riferimento per esempio alle parità di punteggio, cui l’Assessorato Regionale non ha ancora dato una risposta. Speriamo che questa polemica serva quantomeno a sollecitarla.”

[Corriere del Giorno]

mercoledì 19 novembre 2008

TREMONTI: Riduzione dei telefonini e delle auto blu per tagliare gli sprechi negli enti pubblici

Telefonini centellinati e meno auto blu. Riduzione delle spese della politica, come quelle per gli organi collegiali, e taglio del 20% del dirigenti più alti in grado. Ma anche il dimezzamento delle spese della carta impiegata per relazioni e pubblicazioni, un uso più deciso delle e-mail per ridurre le spese postali, un turn-over pari al solo 10% per il personale in uscita (che sale al 20% per le università) nonché il contenimento delle spese per l’approvvigionamento di combustibile per riscaldamento e per le bollette dell’energia elettrica. Scatta il piano del ministro dell’Economia Giulio Tremonti per contenere nel 2009 la spesa pubblica, attuando quanto previsto dalla manovra approvata in estate. Con una corposa circolare, firmata di suo pugno e diffusa dalla Ragioneria dello Stato, il ministro invita così le amministrazioni a tener conto delle novità - alcune introdotte nel passato ma con impatto dal 2009 - nel predisporre i bilanci di previsione per il prossimo anno.


“L’esigenza di tutela la stabilità finanziaria del Paese e l’attuale situazione di crisi dei mercati finanziari internazionali - ha spiegato Tremonti - impegnano il Governo a proseguire sulla strada del risanamento della finanza pubblica perchè possa realizzarsi un equilibrato e stabile sviluppo economico”. Le amministrazioni dovranno così valutare le criticità per mettere in atto le “possibili strategie finalizzate a realizzare un più proficua riallocazione delle risorse”.

Ecco le principali voci ricordate da Tremonti nella circolari.


Luce e riscaldamenti. Sarà necessario adottare misure di “contenimento delle spese per l’approvvigionamento di combustibile per riscaldamento e per l’energia elettrici in modo tale da conseguire risparmi in linea con quelli che devono conseguire le amministrazioni statali tenuti ad effettuare gli acquisti tramite con convenzioni Consip”, cioè con le aste on rete gestite dalla controllata del Tesoro.


Taglia-carta. Le amministrazioni pubbliche dovranno ridurre del 50% la spesa rispetto al 2007 per la stampa delle relazioni e di ogni altra pubblicazione che viene distribuita gratuitamente o inviata ad altre amministrazioni. Addio poi alla Gazzetta Ufficiale su carta: l’abbonamento dovrà essere telematico.


Verifica cellulari. Nei piani triennali che le amministrazioni devono predisporre per razionalizzare l’utilizzo di beni devono essere “indicate le misure dirette a circoscrivere l’assegnazione di apparecchiature di telefonia mobile ai soli casi in cui il personale debba assicurare, per esigenze di servizio, pronta e costante reperibilità e limitatamente al periodo necessario” Dovranno essere individuate “nel rispetto della normativa sulla tutela della privacy, forme di verifica anche a campione, circa il corretto utilizzo delle relative utenze”.


Meno dirigenti. Scatta la tagliola per i dirigenti: quelli di fascia alta vanno ridotti del 20%, gli altri del 15%. Va rideterminata così anche la pianta organica. C’è poi il taglio del 10% per il personale con compiti logistico-strumentali.


Tetto 3% a manutenzione sedi. La spesa per manutenzione ordinaria e straordinaria non potrà eccedere il 3% del valore dell’immobile e scende all’1% per la sola manutenzione ordinaria e per le sedi prese in affitto.


Auto blu ‘cumulative’. Vale anche per il 2009 la norma che prevedeva un taglio del 50% rispetto al 2004 delle spese di “acquisto, manutenzione, noleggio ed esercizio” delle auto di servizio. Viene consigliato anche “il ricorso, previa verifica di fattibilità, a mezzi alternativi di trasporto , anche cumulativo”.


Consulenze e sponsorizzazioni. Parte dal prossimo anno il taglio del 30% rispetto al 2004 della spesa sostenuta per le consulenze a soggetti esterni alla p.a. (ma università e ricerca sono esclusi da questi limiti). Diventa operativa anche la riduzione del 30%, rispetto al 2007, delle spese per sponsorizzazioni, anche per le società pubbliche controllate.


Spese politica. Scattano limitazione per l’istituzione di “organismi collegiali”, per i quali va valutata la reale utilità. In ogni caso la spesa dovrà essere il 30% di quella sostenuta nel 2007. Taglio del 50% anche per il compenso ai dipendenti dovuti all’attività di componente o di segretario di collegi arbitrali.


Ora posta on line. Il ministro ricorda che saranno effettuati controlli a campione dal Cnipa sull’utilizzo delle e-mail al posto delle vecchie lettere. Nel caso non si rispettino i parametri fissati dal 2007, “verrà applicata una riduzione del 30% delle risorse stanziate per l’invio di corrispondenza cartacea” Turn over contingentato. Ogni dieci dipendenti che escono dalla Pa ne potrà essere assunto solo uno. E anche la spesa dei neo-assunti non potrà superare il 10% di quella del personale andato via. Il limite è però un po’ più alto per le università (il 20%)
Aumenti al 3,2%. Nel redigere il bilancio 2006 le amministrazioni dovranno appostare una somma pari al 3,2% del monte salari da corrispondere come aumenti retributivi per i rinnovi contrattuali

BERLUSCONI: Vedo con molto favore una collaborazione tra Alitalia e Lufthansa

"Con il Cancelliere tedesco, Angela Merkel, abbiamo parlato del dossier Alitalia e ci siamo trovati d’accordo: entrambi vediamo con molto favore una collaborazione tra Alitalia e Lufthansa". Cosi’ si è espresso il premier Silvio Berlusconi che rispondedo ad una domanda dei giornalisti, al termine del vertice italo-tedesco di Trieste, ha tuttavia precisato che la decisione spetta a Cai. Il Governo vede con favore un accordo con Lufthansa, anche perche’ la compagnia tedesca ha "molti punti di convergenza, soprattutto per quanto riguarda Malpensa"
Il presidente Berlusconi ha inoltre parlato degli ipotizzati interventi nazionali sul settore automobilistico. "Per ora noi riteniamo che non si debbano fare interventi in questa direzione. Peraltro non lo escludiamo neppure, vediamo come si comporterà il mercato prossimamente. Ma per quanto riguarda la situazione attuale non sono previsti per ora interventi in questa direzione".

TOP TEN DELLE PRESENZE ALLA CAMERA: Otto deputati su 10 sono del Popolo della Libertà

Il sito ufficiale della Camera ha pubblicato i dati delle presenze dei deputati alle operazioni di voto.Tra i deputati piu’ presenti, al netto delle missioni, spicca che 8 di essi appartengono al Popolo della Libertà. Ed ecco la “top ten”:
1) Rosy Bindi (PD) 365; *2) Antonio Leone (PDL) 862; *3) Gaetano Nastri (PDL) 1.559;4) Mariella Bocciardo (PDL) 1.558; 5) Maurizio Lupi (PDL) 515; *6) Luciano Rossi (PDL) 1.557; 7) Paolo Vella (PDL) 1.557;8) Silvana Comaroli (LNP) 1.556;9) Antonio Palmieri (PDL) 1.555; 10) Remigio Ceroni (PDL) 1.554.
* Ha votato 365 volte visto l’incarico di vicepresidente della Camera.* Ha votato 862 volte visto l’incarico di vicepresidente della Camera.* Ha votato 515 volte visto l’incarico di vicepresidente della Camera.

lunedì 17 novembre 2008

BRUNETTA: I fannulloni sono stati sempre difesi dalla sinistra sindacale

"Quanto nervosismo sui fannulloni a sinistra. E’ bastata una frase e ’apriti cielo’" . Cosi’ il ministro della Funzione Pubblica, Renato Brunetta, ha risposto alle polemiche. "Se e’ vero che i fannulloni non sono ne’ di destra ne’ di sinistra ma si sono sempre configurati come una categoria eterna dell’opportunismo lavorativo, e’ altrettanto vero e dimostrato che un certo sindacalismo di sinistra ha sempre difeso i fannulloni anche quando questi erano indifendibili. E’ altresi’ vero che il sindacalismo di sinistra ha sempre rifiutato la meritocrazia, il controllo gerarchico, quello di produttivita’, premiare i migliori, punire gli opportunisti. Ribadiamo se i fannulloni non sono ne’ dei destra ne’ di sinistra, certamente i loro difensori si trovano nella sinistra sindacale piu’ o meno estrema. E questa anche oggi non ha perso occasione per segnalarsi. Do atto al partito democratico di essere stato coerente al Senato nella volonta’ di migliorare l’efficienza della pubblica amministrazione".

sabato 15 novembre 2008

Forza Italia alle prese con il dilemma Cito

TARANTO - Forza Italia si interroga sul rapporto con AT6. Alleati o divisi alle elezioni provinciali? Le opinioni sono divergenti. C’è l’asse Guadagnolo-Introcaso che di accordo non vuol sentir parlare. Di contro ci sono i consiglieri regionali Tagliente e Salinari pronti a siglare il patto. Sulla loro linea sarebbe anche Aldo Condemi. Un gruppo consistente, da tenere d’occhio, perché se Tagliente non dovesse essere il candidato unico del centrodestra si potrebbe profilare una clamorosa scissione con preventivato apparentamento all’eventuale ballottaggio. E in caso di vittoria del candidato pidiellino, Tagliente potrebbe accontentarsi della vicepresidenza, con un assessorato in quota ad AT6. Ma chi potrebbe essere il candidato ufficiale del centrodestra nel caso di strada sbarrata a Tagliente? Fitto e Franzoso starebbero cercando una soluzione esterna ai partiti, una personalità fuori dalla mischia per superare le frizioni interne.


L’idea di fare il candidato alla presidenza è però ancora accarezzata da Martino Tamburrano. Un nome già venuto fuori è quello del sindaco di Mottola, Giovanni Quero. Non è da escludere una eventuale discesa in campo dello stesso Franzoso. La partita è apertissima e ci sono da tenere in conto le ambizioni di An, che reclama per sè la candidatura alla presidenza. E l’Udc? Il partito di Scalera starebbe valutando la possibilità di correre in proprio. Infine, potrebbe riaffacciarsi sulla scena il movimento fondato da Antonio Fago, Prospettive, pronto a schierare l’attuale presidente Gianfranca Lipari.


[Taranto Sera]

giovedì 13 novembre 2008

Scuola. Obiezioni e risposte.

Perché riformare la scuola?
Per distruggere definitivamente la scuola è sufficiente lasciarla come è oggi. In Italia si spende per la scuola come negli altri paesi europei. Negli ultimi dieci anni la spesa del Ministero dell’Istruzione è aumentata del 30%: da 33 miliardi di euro nel 1999 a 43 miliardi nel 2008. La spesa pubblica per la scuola è esplosa, senza miglioramento delle qualità, che è costantemente degradata. Per la scuola non si spende poco, si spende male. Gli otto miliardi di risparmio programmati per i prossimi tre anni non tagliano la spesa attuale ma evitano lo sfondamento del tetto dei 50 miliardi di spesa senza qualità: non si vuole spendere meno ma si vuole spendere meglio, investendo in innovazione, formazione, premi per i docenti meritevoli, edilizia scolastica. Non incidere sui meccanismi di spesa vuol dire assumersi la responsabilità del tracollo. Il piano del ministro Gelmini pone le premesse per un innalzamento della qualità del sistema di istruzione, innescando un circolo virtuoso: efficienza (stesso risultato a costi minori), maggiori risorse da investire, più qualità. Il governo si sta impegnando a fondo per rilanciare la scuola avendo come primo obiettivo quello di fornire agli studenti un’educazione di qualità.


Perché cambiare la scuola italiana se è vero che è una “eccellenza”?
E’ falso dire che la scuola elementare è una eccellenza e dunque non va cambiata. Se lo fosse davvero nelle scuole medie e superiori tantissimi ragazzi non farebbero errori di grammatica e ortografia da scuola elementare, saprebbero organizzare un discorso, progettare una tesina, conoscere il significato esatto delle parole. La scuola elementare italiana è stata una eccellenza ben prima della organizzazione per moduli a più maestri: infatti con il maestro unico l’Italia era al terzo posto nelle classifiche internazionali, con il “modulo” è scesa all’ottavo posto. La verità è che il modulo a più maestri è stato introdotto non per esigenze formative ma per aumentare il numero degli insegnanti mentre il numero dei bambini diminuiva a causa del calo demografico.


Perché il maestro unico o prevalente?
I bambini necessitano di un punto di riferimento chiaro e sicuro per la loro crescita personale e intellettuale. Un insegnante unico (o “prevalente”, perché restano gli insegnanti di inglese e religione) avrà maggiore attenzione per il bambino, saprà modulare e indirizzare la sua azione didattica tenendo conto delle diverse attitudini, interessi e capacità individuali. E’ così in tutti i Paesi d’Europa. Il maestro “prevalente” sarà un educatore, in grado di favorire la crescita integrale dell’alunno, aiutandolo a guardare e giudicare quel che lo circonda. Le famiglie in questo modo avranno maggiore sicurezza e gli insegnanti torneranno ad avere un ruolo definito ed autorevole, con responsabilità identificate e gratificanti. Da un punto di vista organizzativo, l’attuale insegnamento a modulo prevede tre docenti per due classi. Grazie al maestro prevalente si “liberano” insegnanti che saranno utilizzati per potenziare del 50% il tempo pieno.


E’ stato abolito il tempo pieno?
E’ falso dire che sparirà il tempo pieno e quindi tutti i bambini torneranno a casa alle 12.30.Il tempo pieno alle elementari sarà aumentato del cinquanta per cento, nel corso dei prossimi cinque anni, ridistribuendo i maestri che non saranno più impegnati nella compresenza in classe. Il servizio che riceveranno le famiglie non è diminuito, anzi sarà esattamente il contrario: le famiglie potranno scegliere l’orario settimanale più adatto alle loro esigenze e le singole scuole si organizzeranno in base alla loro domanda. Le famiglie che vogliono occuparsi dell'educazione dei propri figli in orario pomeridiano sceglieranno classi assegnate ad un unico insegnante e funzionanti con un orario di 24 ore settimanali, altre preferiranno gli attuali modelli a 27 e 30 ore settimanali o il tempo pieno, che è stato potenziato ed esteso.


E’ vero che saranno licenziati insegnanti?
Non sarà licenziato nessuno e nello specifico non saranno licenziati 100 mila insegnanti: semplicemente non saranno fatte nuove assunzioni e non saranno rimpiazzati gli insegnanti che andranno in pensione, perché sarà riorganizzato e reso più efficiente il lavoro del personale in servizio. In questo modo il personale della scuola passerà da 1.300.000 a poco più di 1.200.000 dipendenti entro il 2012. I risparmi ottenuti saranno reinvestiti nella scuola per i docenti più meritevoli, con premi individuali sino a 7 mila euro.


Perché l’educazione civica?
Lo studio dell’educazione civica mira a ridare alla scuola la sua funzione educativa. Conoscere i principi costituzionali è utile per l’educazione degli studenti italiani e per meglio integrare gli studenti stranieri e le loro famiglie: a scuola i ragazzi devono imparare a diventare dei cittadini consapevoli dei loro diritti e dei loro doveri. Nell’educazione civica rientra anche l’educazione ambientale, l’educazione a tenere corretti stili di vita e l’educazione stradale: ogni studente deve diventare più consapevole delle proprie responsabilità.


E’ stato ridotto il numero degli insegnanti di sostegno?
Non vi è stato alcun taglio che riguardi i docenti di sostegno. I criteri per determinare il numero di questa categoria di docenti sono stati definiti nell'ultima finanziaria del governo Prodi e non sono stati modificati. Per l'anno 2008-2009 sono stati attivati complessivamente 90.882 ruoli di sostegno, gli stessi dell'anno scolastico precedente.


Sono state chiuse le scuole nei piccolissimi centri?
Non è stata chiusa nessuna scuola nei centri isolati o montani, perché vale l’obbligo sociale di garantire a tutti il diritto all’istruzione. Rimane tuttavia da correggere con una migliore organizzazione l’anomalia italiana per la cui abbiamo un insegnante ogni 9,7 alunni mentre la media europea è di un insegnante ogni 12 allievi.


Perché i voti in pagella invece dei giudizi?
Negli ultimi anni i giudizi erano diventati confusi, pieni di termini a volte fumosi, incomprensibili, un giro di parole che portava l’attenzione al profilo psicologico invece di dire con chiarezza il livello di preparazione del singolo studente. Il ritorno ai voti è un elemento di chiarezza che misura in maniera precisa il profitto conseguito nelle singole materie, in modo che le famiglie possano realmente sapere come sta andando il figlio e meglio sostenerlo.Il voto è un elemento di ordine, di semplicità perché misura in modo immediatamente comprensibile il risultato: un 5 è un 5, un 7 è un 7.


E’ vero che d’ora in poi con una sola insufficienza gli alunni saranno bocciati?
E’ falso dire che d’ora in poi con una sola insufficienza gli alunni delle elementari e delle medie verranno bocciati . Secondo il decreto Gelmini, serve la sufficienza in ogni materia per essere promossi: questa non è una novità, perché anche con i giudizi occorreva essere “sufficiente” in tutte le discipline per non essere bocciati. Oggi come ieri, l’eventuale bocciatura non è automatica, perché la decisione finale spetta al consiglio di classe, che considererà il livello complessivo di apprendimento e la maturità raggiunta dallo studente.


Perché è stato ripristinato il voto in condotta?
E’ stato ripristinato il voto in condotta, che torna a fare media con i voti nelle materie scolastiche. Gli studenti saranno valutati non solo in base ai risultati conseguiti nelle singole discipline, ma anche in riferimento ai comportamenti che avranno tenuto in classe e a scuola. Nei casi di grave insufficienza nella condotta l’alunno non sarà ammesso all’anno successivo. Il voto in condotta serve a ribadire che la scuola non è solo un luogo dove si apprendono competenze ma anche un luogo educativo: è un deterrente contro il bullismo e dice con chiarezza che non è con il lassismo e il buonismo che si aiutano i ragazzi a migliorare e a capire che la scuola, come la vita, esigono impegno e dedizione.


E’ vero che volete smantellare la scuola pubblica italiana?
La situazione scolastica italiana è frutto dell’eredità del Sessantotto, che ha prodotto alcune cose che sono state alla base della distorsione del nostro modello formativo:
- l’idea che fosse vietato vietare e che l’autorità fosse un nemico da abbattere, che ha portato alla delegittimazione della funzione educativa del maestro
- la lotta alla selezione, che ha portato alla cancellazione del merito,di ogni possibilità di valutazione della crescita e dell’acquisizione delle conoscenze
- l’idea che la promozione sia un diritto e la bocciatura una punizione: si è confusa l’opportunità di studiare con il “diritto” a ricevere automaticamente un titolo di studio dopo un certo numero di anni, una sorta di anzianità scolastica.
- studenti che giudicano gli insegnanti: l’insegnante migliore non è più quello che è preparato ed esigente ma quello che promuovere senza nulla chiedere in cambio.
Quindi il nostro governo si sta impegnando a fondo per rilanciare la scuola avendo come primo obiettivo quello di fornire agli studenti una educazione di qualità. In questo quadro rientrano l’introduzione dell’educazione civica, del voto in condotta e del ritorno del voto al posto del giudizio, oltre al maestro “prevalente”, che consentirà di aumentare del 50% la scuola a tempo pieno e che verrà affiancato dagli insegnanti per lo studio delle lingue straniere e della religione. Abbiamo creato i presupposti per riqualificare la scuola statale, ridare dignità agli insegnanti e premiare il merito, creare più serietà in classe e riportare un clima di responsabilità, per gli studenti ed anche per le famiglie. Per i nostri ragazzi vogliamo una scuola che mi metta in grado non solo di apprendere ciò che è necessario per la loro vita futura ma possa anche educarli e accompagnarli in uno sviluppo armonico della loro personalità, permettendo a ciascuno di conoscere meglio se stesso e quindi di mettere a frutto i propri talenti.

Universitari in difesa dei baroni?

Lo sciopero indetto per venerdì dai sindacati dell'università al quale hanno puntualmente aderito le sigle studentesche di sinistra, politicamente non sta in piedi. La stessa cosa vale per l'alleanza studenti-docenti-Rettori che ha caratterizzato la protesta di piazza delle ultime settimane. In un sistema formativo al collasso come il nostro, non è credibile che le vittime (i giovani) scendano in piazza a braccetto con i baroni, i quali hanno sacrificato la scienza e la ricerca sull'altare del clientelismo e delle parentele. L'atteggiamento più miope, però, è sicuramente quello degli studenti, che invece di aspirare ad un ingranaggio mosso dal merito e il talento, si trovano a fare le sentinelle dei privilegi altrui.


Con le norme approvate nell'ultimo Consiglio dei Ministri, infatti, lo slogan contro il governo che secondo gli studenti "taglia e basta" senza investire, vale meno di zero. Basti pensare allo stanziamento di risorse destinate alle borse di studio (135 milioni di euro) e agli alloggi (65 milioni di euro). Si tratta di un primo, importante, rimedio al problema della stabilità per i fuori sede, spesso costretti a piegarsi al mercato degli affitti in nero. Uno studio pubblicato su Il Sole 24 Ore ha messo che gli studenti italiani hanno difficoltà a lasciare la famiglia per studiare: circa il 72% di essi, infatti, o sceglie una facoltà nella sua stessa città di origine, oppure preferisce affrontare il quinquennio da pendolare quotidiano, senza trasferirsi in un'altra città. Questi dati confermano che è giunta l'ora di investire sui servizi per gli studenti, mettendo un freno alla proliferazione delle cattedre. A tal proposito, è significativo il dato che quantifica nel 32,6% l'aumento delle assunzioni di cui hanno beneficiato i professori ordinari in otto anni, pari a tre volte quello di crescita della popolazione studentesca. Uno squilibrio che non poteva restare senza sanzione. Ora la sanzione, sottoforma di una buona riforma, è arrivata. Peccato che a non capirlo sia una parte minoritaria degli studenti, la più rumorosa.

mercoledì 12 novembre 2008

TREMONTI: Aiuteremo le famiglie e le imprese

Vi proponiamo l’intervento di Giulio Tremonti, svolto alla Camera dei deputati l’11 novembre 2008, durante la discussione della legge Finanziaria.


Signor Presidente, onorevoli colleghi, l’azione di politica economica del Governo si è sviluppata e si sta sviluppando, in questi sei mesi, su tre piani: sul piano della stabilizzazione triennale del bilancio pubblico; sul piano della tutela del risparmio; sul piano del sostegno alle imprese e alle famiglie. È stato, ed è, uno sviluppo basato su una visione di insieme che noi valutiamo sistematica ed organica. Forse vi è qualche asimmetria informativa: vi è una parte che ritiene di aver visto tutto giusto e da subito, mentre noi non avremmo visto tutto giusto e da subito, e vi è una parte che ritiene che sia stato visto abbastanza giusto, ma non fatto tutto il possibile. Ci permettiamo di manifestare un qualche dissenso rispetto a questo criterio di valutazione.


La legge finanziaria per il triennio è basata sul presupposto di una crisi in arrivo e in intensificazione. Già in quest’Aula abbiamo fatto notare, in tante forme, quanto sia stata ragionevole la scelta di anticipare la finanziaria e di stabilizzarla su tre anni rispetto a una crisi in arrivo. Lo scenario di una crisi con la finanziaria aperta, forse, sarebbe stato avverso al Paese. Lo spirito con cui stiamo ora qui votando e valutando la finanziaria è uno spirito costruttivo che, mi pare, in qualche modo, anticipa e traguarda quella che potrebbe essere, per la prossima sessione di bilancio, una corretta sessione di bilancio, come se già noi, qui, stessimo realizzando una riforma della legge di bilancio e finanziaria. È in questa logica che il Governo ha non solo fatto propri contributi importanti venuti dalla discussione in Commissione, ma ha anche fatto propri, nei limiti della compatibilità, alcuni elementi di proposta provenienti dall’opposizione. In particolare, mi riferisco alla clausola di restituzione fiscale sul 2009, basata sul principio di precauzione dell’effettiva disponibilità di risorse oltre quelle stimate e sulle procedure di definizione del contratto del pubblico impiego.


Sul secondo piano, quello del risparmio, il Governo ha agito con il decreto-legge n. 155 del 2008, attualmente in discussione in questo ramo del Parlamento. È un provvedimento già illustrato in quest’Aula, basato sul criterio della tutela del risparmio come bene costituzionale. È stato notato: è un provvedimento a favore delle banche. È assolutamente l’opposto: è un provvedimento a favore del risparmio nel caso che le banche non integrino, in pieno, il principio e il criterio costituzionale che identifica, nel risparmio popolare, un bene pubblico. È stato detto alternativamente: avete dato i soldi alle banche, oppure: non c’è un euro. Sono sbagliate entrambe le prospettazioni. Ripeto: non è un finanziamento alle banche ma è, semplicemente, una garanzia per il risparmio. È vero che le banche non prendono un euro, ma proprio per il fatto che noi assumiamo che il presidio, la precauzione e la prevenzione siano l’essenza stessa di quel provvedimento.Il terzo piano è quello del sostegno all’economia. Io credo che sia stata non sufficientemente valutata la parte della legge finanziaria relativa all’economia reale, come se la legge finanziariae il decreto-legge n. 112 del 2008 fossero relativi solo ai conti pubblici. In realtà non è così. Nel decreto e nei collegati c’è una notevole serie di provvedimenti, ordinati in una logica di riforma strutturale e riferiti all’economia reale: dalla concentrazione dei fondi europei, alla banda larga, alla riforma del processo civile, a un ampio catalogo di semplificazioni, fino al nucleare. Mi permetto di far notare che se non è un intervento di modernizzazione del reparto produttivo e dell’economia reale il nucleare, allora noi abbiamo qualche difficoltà a capire cosa sono gli interventi per l’economia reale.


In ogni caso riteniamo, ed era ben previsto, che sia necessario e possibile andare un po’ oltre quei provvedimenti. È stato fatto notare, da più parti, anche in questa sede, nei giorni scorsi, che è troppo tardi. Mi permetto di far notare che non è troppo tardi, è il tempo giusto. Come il provvedimento sul risparmio è stato adottato in coerenza con le scelte di politica fatte dai nostri partner europei, così sarà per il provvedimento che stiamo studiando a sostegno dell’economia reale e delle famiglie. La data di riferimento è quella dell’Ecofin, la data di riferimento è quella dell’Eurogruppo, che si sono tenuti al principio della settimana scorsa. È da allora che i Governi europei hanno acquisito dei dati condivisi di economia reale e di struttura dei bilanci. Senza la condivisione di quei dati non sarebbe stato possibile fare scelte di politica economica, e non è un limite del Governo italiano: nessun Governo europeo ha adottato provvedimenti finora perché tutti hanno aspettato il passaggio dell’Eurogruppo e dell’Ecofin. Solo a partire dalla metà della settimana scorsa sono stati annunciati pacchetti, interventi, blocchi di provvedimenti nei Paesi europei più significativi, ed è esattamente quello che faremo noi: non sarebbe stato opportuno, saggio, ragionevole agire in anticipo e in assenza di dati condivisi.


I dati definiti e condivisi in sede europea vedono, per il nostro Paese, una proiezione di deficit per il 2008 al 2,5 per cento, per il 2009 al 2,6 e per il 2010 al 2,1; per la Francia un deficit del 3 per cento per il 2008, del 3,5 per il 2009 e del 3,8 nel 2010; per l’Inghilterra un deficit del 4,2 per il 2008, del 5,6 per il 2009 e del 6,5 per il 2010; per la Spagna un deficit dell’1,6 per il 2008, del 2, 9 per il 2009 e del 3,2 per il 2010.Per la Germania, invece, un deficit pari a zero, e quindi il pareggio di bilancio, per il 2008, lo 0,2, quindi un lieve deficit, per il 2009, lo 0,5 per il 2010. I differenziali di deficit sono funzioni dei differenziali di politiche fatte in questi anni nei vari Paesi e sono la proiezione sul futuro. Per l’area dell’euro la media del deficit è 1,3 per il 2008, 1,8 per il 2009 e 2 per cento per il 2010. Molti Paesi sono in area di deficit eccessivo; in base a questi dati non è questa l’ipotesi avanzata per l’Italia (ripeto: il 2,5, il 2,6, il 2,1; sono tutti valori sotto il 3 per cento).Le scelte di politica economica non dipendono solo dai deficit previsti; naturalmente questi sono numeri di previsione e di proiezione, e in tempi caratterizzati da un’altissima variabilità dell’economia e degli andamenti dell’economia anche le previsioni e le proiezioni hanno un valore relativamente poco significativo, o non significativo come era anni fa. La grandezza per noi più significativa, comunque, non è quella rappresentata dal deficit, ma dal debito, essendo quest’ultimo la variabile critica più particolare per il nostro Paese.


Mi permetto, inoltre, di far notare un dato che è meno critico del debito italiano, ed è la crescita: per anni l’Italia è cresciuta meno degli altri Paesi, nella proiezione dal 2008 in avanti è caduto il differenziale di crescita dell’Italia. Evidentemente sono anni di crescita negativa, ma è rimosso - come era in periodi di crescita positiva, così non lo è più in un periodo di crescita negativa - il differenziale di crescitaAlla base di questo dato nuovo vi è, probabilmente, l’evidenza in ordine al fatto che la crescita di molti Paesi, nostri competitori o, comunque, comparati con noi, era finanziata dal debito privato ed era quest’ultimo e i plusvalori immobiliari che determinavano quel differenziale del PIL, più ampio negli altri Paesi e più ridotto nel nostro. Venuto meno il differenziale costituito da un eccesso di debito privato e di plusvalori immobiliari, i nostri dati si sono, in prospettiva, allineati rispetto a quelli degli altri Paesi. Immagino l’obiezione, a questo punto, che sarà avanzata: essi si sono allineati su un’ipotesi di non crescita - è vero - ma, comunque, si sono allineati. Si tratta di un dato che è oggetto di forte attenzione politica e tecnica negli altri Paesi. In questa sede immagino che sarà oggetto di attenzione polemica ma, in realtà, è un dato su cui possiamo riflettere con prospettive di fiducia per il nostro Paese. In base a questi dati e alle immagini che possiamo assumere, fermo comunque il nostro impegno a non violare gli impegni assunti in sede di applicazione del Patto di stabilità e di crescita e ferma la fondamentale attenzione che riserviamo al debito pubblico italiano, pensiamo che sia possibile varare un provvedimento di sostegno all’economia, alle imprese e alle famiglie, che non alteri i saldi di finanza pubblica: un provvedimento che sarà organizzato - non è ancora definito nei contenuti specifici - su alcune linee essenziali; la prima linea essenziale è quella della domanda pubblica.


Infatti, nutriamo la forte convinzione che la crescita dipenda soprattutto dalla domanda pubblica, in particolare dalla domanda pubblica europea: tale considerazione ci riporta alle proposte presentate dal Governo italiano nel semestre di Presidenza italiana del Consiglio dell’Unione europea nel 2003, circa l’emissione di eurobond per finanziare le infrastrutture europee e circa l’alternativa, sempre presentata dal Governo italiano e non eliminata (o non considerata come la precedente), di utilizzare la Banca europea degli investimenti, in rete con le Casse depositi e prestiti, per finanziare la domanda pubblica europea. In Italia si prevede, nei prossimi giorni, lo sblocco da parte del CIPE di uno stock di investimenti di circa 16 miliardi dieuro, un meccanismo di strutturazione delle tariffe che faccia ripartire gli investimenti per le autostrade (subordinando, una volta tanto, le tariffe all’effettività degli investimenti e non l’una variabile indipendente dall’altra: anche questa misura è in grado di mobilitare una massa di investimenti molto elevata) e l’utilizzo, attivo e non passivo, della Cassa depositi e prestiti, a partire dal piano casa. Inoltre, stiamo studiando provvedimenti a favore delle imprese, a partire dal loro finanziamento. Credo sia fondamentale chiarire che non abbiamo la minima intenzione di aiutare le banche, pur avendo la massima attenzione al finanziamento alle imprese. Se un meccanismo sarà attivato, si tratterà di un canale di finanziamento rivolto alle imprese, non alle banche. Si tratterà di un fondo finalizzato alle imprese, seppur passando attraverso le banche.


Il funzionamento di quel meccanismo sarà monitorato e segnalato all’attenzione del Parlamento, secondo le scadenze che riterremo in questa sede ragionevoli. Fondamentalmente, dovrà essere il sistema bancario a chiedere e il Parlamento a disporre, attraverso l’adozione di una norma che sarà assolutamente bipartisan, in grado di assicurare la massima trasparenza e la subordinazione dell’acquisizione dei fondi all’applicazione, da parte delle banche, di un codice etico. Altri provvedimenti, come l’IVA di cassa, che facevano parte del nostro programma, sono in fase di studio e sono subordinati naturalmente all’approvazione europea, che pure riteniamo ragionevolmente accessibile, insieme ad altri provvedimenti che stiamo studiando.


Per quanto riguarda il capitale sociale o umano, già nella legge finanziaria, con un emendamento, è potenziato il Fondo degli ammortizzatori sociali ed intendiamo integrare con altri fondi gli strumenti di assistenza in un anno che non si prevede positivo.Per quanto riguarda le famiglie, stiamo studiando provvedimenti che riducano, nei limiti del possibile, lo stress, l’angoscia e le difficoltà causate dalla crisi economica. Lo faremo - lo ripeto - non «a deficit» o sfondando i criteri di deficit, perché sarebbe in questi termini una soluzione non solo illusoria, ma perversa, perché il conto, in termini di maggiore interesse, sarebbe ancora girato alle fasce più deboli della popolazione. Quello che possiamo dire è che faremo tutto il possibile e nel modo più giusto possibile.Per finire, sappiamo bene che c’è la crisi: forse lo sappiamo perché l’avevamo prevista, certamente lo sappiamo perché l’abbiamo considerata nel programma e abbiamo seguito la tempistica possibile e corretta in perfetto allineamento con gli altri Paesi europei; tuttavia, se sappiamo che c’è la crisi, non siamo quelli che fanno il tifo per la crisi. Noi, comunque, siamo convinti del fatto che si deve avere, nella prospettiva, anche un elemento di speranza e abbiamo speranza perché abbiamo fiducia, fiducia nella saggezza delle famiglie italiane, fiducia nella forza dei nostri lavoratori e dei nostri imprenditori

lunedì 10 novembre 2008

Sicurezza nelle scuole: circa 10 mila edifici scolastici non sicuri

Nel provvedimento sulla scuola approvato definitivamente al Senato lo scorso 29 ottobre 2008, vi è anche compreso un articolo (per la precisione il 7 bis) di cui poco si è parlato e che riguarda l’importantissimo piano straordinario per la messa in sicurezza degli edifici scolastici a cui è destinato un importo non inferiore al 5% delle risorse stanziate per il programma delle infrastrutture strategiche (totale risorse euro 20 milioni come da articolo 36, comma 3, legge finanziaria 2008).

Inoltre con la Finanziaria sono previsti risparmi ingenti nella scuola, intorno ai 7 miliardi di euro, e il 30% di questi risparmi - frutto di una serie di misure come l'accorpamento di alcune classi e il riordino dell'archetipo organizzativo scolastico - verranno reinvestiti nella scuola e proprio nella sistemazione o riammodernamento nell'edilizia scolastica.

Da un’indagine del Ministero dell’Istruzione risulta che in Italia quasi 10 mila edifici scolastici non sono sicuri. Per questo motivo il Ministro Gelmini riconvocherà l’Osservatorio sull’edilizia scolastica ma farà anche presto partire un censimento di tutti gli edifici scolastici sollecitando il Cipe (Centro Interministeriale per la Programmazione Economica) e le Regioni per l’ammodernamento e la messa a norma degli edifici.

Il ministro dell'Istruzione, di concerto con quello delle Infrastrutture, nominerà un soggetto attuatore che definirà gli interventi da effettuare per assicurare l'immediata messa in sicurezza di almeno 100 edifici scolastici in situazione critica sul fronte della sicurezza sismica.

Il soggetto attuatore lavorerà in costante collaborazione con la Conferenza unificata Stato e Regioni. Le risorse di lavori programmati e non avviati entro 2 anni possono essere nuovamente revocati e rassegnati. Identica soluzione se gli enti beneficiari dichiarano l'impossibilità a eseguire le opere. La riassegnazione delle risorse a una diversa regione viene disposta sentendo la Conferenza unificata.

domenica 9 novembre 2008

Decreto università

Il ministro Mariastella Gelmini
«Il Cdm ha varato le linee guida per l'universitá e ha approvato anche un decreto legge. Preciso subito che si tratta di due documenti distinti. Le linee guida rappresentano un documento programmatico e di legislatura, che offriamo al dibattito con il mondo accademico ma che sará oggetto di discussione anche in Parlamento, nelle commissioni e in Aula».
«Non ci sarà il blocco dei concorsi già banditi. Cambierà, però, il meccanismo per la composizione delle commissioni di valutazione, dettato dal sorteggio. Questa la motivazione del ricorso alla decretazione d'urgenza».


500 milioni di euro alle università migliori
500 milioni di euro saranno destinati alle università con la produzione scientifica, l'organizzazione e la qualità didattica migliori.

Niente assunzioni nelle università con bilanci in rosso
Da oggi le università con bilanci in perdita non potranno bandire concorsi per docenti o personale amministrativo.
La norma pone un freno alle gestioni finanziarie sconsiderate di alcune università.

Finanziamenti a chi elimina corsi inutili e sedi distaccate
Saranno premiate con più finanziamenti, trasferiti direttamente dal ministero, le università che ridurranno sedi distaccate non funzionali e corsi di laurea in eccesso rispetto alle reali esigenze formative degli studenti e alle richieste del mondo del lavoro.

Dal 2009 tremila ricercatori in più
Stanziati 150 milioni di euro per favorire il turn over. Obiettivo: favorire l'assunzione di giovani e diminuire l'età media dei docenti italiani. Incentivi alle università, dunque, per favorire il pensionamento e l'assunzione di giovani docenti.
Le università infatti potranno anche decidere di fare entrare solo giovani ricercatori arrivando quindi a 2 giovani ricercatori per ogni docente in pensione. Almeno il 60% delle assunzioni devono essere destinate ai nuovi ricercatori e le università che rinunceranno a trattenere i docenti oltre i 70 anni di età possono raddoppiare il numero dei posti per ricercatori.

Stop ai concorsi pilotati
Sarà eletto un pool molto ampio di professori all'interno del quale poi saranno estratti a sorte coloro che faranno parte della commissione che giudicherà. Si evita così il rischio di predeterminare l'esito dei concorsi e si incoraggia un più ampio numero di candidati a partecipare. Mentre prima la commissione era formata da 1 membro interno e 4 membri eletti.

Nessun blocco delle assunzioni per gli enti di ricerca
Gli enti di ricerca sono esclusi dal blocco delle assunzioni che e' entrato in vigore per tutte le amministrazioni pubbliche.

Concorsi ricercatore fuori dal turn over
I bandi di concorso per posti da ricercatore già banditi sono esclusi dal turn over. 2.300 ricercatori dunque saranno esclusi dal blocco del turn over.

Soldi per le borse di studio
Per la prima volta in Italia tutti gli aventi diritto avranno la borsa di studio. L'incremento di 135 milioni di euro sarà destinato ai ragazzi capaci e meritevoli, privi di mezzi economici.
Oggi 180.000 ragazzi oggi sono idonei a ricevere la borsa di studio e l'esonero dalle tasse universitarie, ma solo 140.000 li ottengono.

Via libera a nuove residenze universitarie
65 milioni di euro per nuove residenze universitarie. 1.700 posti letto in più per gli studenti.

Il disegno di legge
Fin qui il decreto. Anche la riforma, che sarà presentata come disegno di legge, avrà le stesse caratteristiche. Al centro ci saranno gli studenti e la ricerca, non l'apparato accademico e burocratico. Sono previste lezioni e laboratori in lingua straniera, prestiti d'onore per gli studenti, valutazione periodiche dell'attività dei docenti.
Al tempo stesso la riforma metterà fine ai corsi di laurea fasulli, ai bilanci allegri, alle carriere prefabbricate, ai precariati a vita. Le università potranno scegliere se darsi la forma di fondazione, aprendosi anche a capitali esterni oppure restare interamente pubbliche: nessuna "privatizzazione selvaggia", ma criteri di responsabilità. Gli atenei dissestati saranno commissariati e ogni euro sottratto agli sperperi verrà investito nella ricerca.

sabato 8 novembre 2008

I FATTI DEL BUONGOVERNO: L'università della meritocrazia

Riforma nel segno della meritocrazia
Il Consiglio ha approvato un decreto-legge in materia di diritto allo studio, valorizzazione del merito e qualità del sistema universitario e della ricerca. In particolare il decreto-legge contiene disposizioni finalizzate a:

1.favorire il reclutamento di giovani ricercatori nelle Università;


2.incentivare con una quota significativa del finanziamento statale (7%) le Università che, sulla base di parametri oggettivi di valutazione, favoriscono la ricerca ed il merito;


3.prevedere parametri oggettivi per la valutazione dei professori e dei ricercatori e per la formazione delle Commissioni di valutazione;


4.stanziare nuove risorse per favorire la realizzazione di residenze universitarie e consentire a tutti i capaci e meritevoli aventi diritto di usufruire delle borse di studio.


Dopo l’approvazione delle misure più urgenti contenute nel decreto-legge, il Ministro Mariastella Gelmini ha presentato al Consiglio le linee guida per l’Università’, che costituiranno i contenuti di un ampio disegno di legge di prossima presentazione al Parlamento ed i cui capisaldi saranno: autonomia degli Istituti, responsabilità degli operatori e riconoscimento del merito.La riforma dell’Università presentata ieri è uno di quegli atti che caratterizzano l’azione di un governo e di un’intera legislatura. Un fiore all’occhiello per la maggioranza ed il Paese. Speriamo che stavolta anche l’opposizione faccia la propria parte rinunciando a qualche vecchio slogan di piazza e qualche consenso di giornata. Stavolta non ci sono più alibi.“Meritocrazia contro il declino”. Prendiamo in prestito il titolo dell’editoriale del Sole 24 Ore. Ne citiamo le prime righe: “Il governo sta imboccando la strada giusta per rinnovare il capitale umano, dando spazio ai giovani, introducendo norme selettive per il loro ingresso nell’università, e bloccando il reclutamento in quegli atenei che spendono per il personale più del 90% dei fondi statali”.
Dalla parte dei giovani. Questo è il senso sia del decreto approvato dal governo, con le misure più urgenti, sia delle linee guida della riforma organica dell’università e della ricerca. Tutte le misure sono dalla parte dei giovani, contro le vecchie baronie accademiche e gli sprechi. Il merito e la ricerca sono al centro del decreto e della futura riforma, oltre ad interventi di sostegno economico per studenti meritevoli e per l’edilizia scolastica.“Una prova di coraggio”. Così la definisce il Corriere della Sera. “È una prova di coraggio quella del ministro dell’Istruzione di insistere su una delle riforme di cui l’Italia ha bisogno. Senza iattanza e arroganza, tenendo aperto il canale del dialogo, ma senza rimandare il tutto alle calende greche”.


Stop ai concorsi pilotati. Il decreto mette fine al malcostume dei concorsi a cattedre con l’esito prefabbricato. Il governo aveva di fronte due soluzione: o bloccare i concorsi già indetti per i prossimi giorni, sostituendo le commissioni con una graduatoria nazionale, rischiando però di paralizzare la vita accademica; oppure modificare le commissioni che finora, con il criterio delle terne (un “barone” più tre professori scelti da lui), hanno consentito gli scambi di favori tra una commissione e l’altra. Da oggi al docente che ha indetto il concorso se ne affiancheranno quattro estratti a sorte in una rosa di dodici eletti.


Tremila ricercatori in più. Dal 2009 le università si apriranno a 3.000 nuovi ricercatori: due per ogni accademico che andrà in pensione. Finora valeva il criterio opposto: gli atenei offrivano incentivi ai docenti che si trattenevano oltre l’età di pensionamento bloccando le carriere dei giovani. Ovviamente si agirà in maniera da non rinunciare, tra gli ordinari, ai talenti che vale la pena trattenere.


Responsabilità sui conti in rosso. Ma le università con i bilanci pesantemente in deficit non potranno bandire concorsi per docenti e personale amministrativo. Finora molti atenei hanno agito con il criterio delle vecchie partecipazioni statali: conti in dissesto e ripianamento a piè di lista da parte dello Stato. Le cause sono varie: dal proliferare dei famigerati corsi di laurea inutili, buoni solo per conservare qualche cattedra, alle spese per attività che nulla hanno a che fare con la didattica. D’ora in poi tutti saranno responsabili dei loro budget.


Premi ai migliori. Viceversa gli atenei virtuosi sul piano amministrativo ma soprattutto con una migliore produzione scientifica verranno premiati, intanto con uno stanziamento di 500 milioni di euro.Soldi per le borse di studio. Dei 180 mila giovani meritevoli di un sostegno economico, ben 40 mila si sono finora dovuti arrangiare. I fondi finivano infatti nel tritatutto dei bilanci delle università. Ora interverrà il governo con un finanziamento diretto di 150 milioni, per garantire la borsa di studio a chiunque la meriti.


Via libera alle residenze universitarie. Se qualcuno ha visitato qualche università straniera avrà notato come accanto alle aule esistano da sempre le strutture destinate ad accogliere gli studenti fuori sede. Camere, servizi, aree per il tempo libero. Da noi non si è mai fatto nulla, o quasi, costruendo enormi università senza neppure un posto letto, anche dove (esempio, Tor Vergata a Roma) non sarebbe mancato lo spazio. Tutto ciò ha prodotto un mercato nero dei posti letto, spesso incentivato dall’interno delle università. Ora il governo inizia a bloccare questo malcostume: i primi 65 milioni di euro serviranno a 1.700 posti letto nei campus. E da qui in avanti nessuna nuova università, e nessuna nuova facoltà negli atenei esistenti, potrà sorgere senza strutture per i fuori sede.


La riforma mette al centro gli studenti. Fin qui il decreto. Anche la riforma, che sarà presentata come disegno di legge, avrà le stesse caratteristiche. Al centro ci saranno gli studenti e la ricerca, non l’apparato accademico e burocratico. Sono previste lezioni e laboratori in lingua straniera, prestiti d’onore per gli studenti, valutazione periodiche dell’attività dei docenti.


Fine degli sprechi. Al tempo stesso la riforma metterà fine ai corsi di laurea fasulli, ai bilanci allegri, alle carriere prefabbricate, ai precariati a vita. Le università potranno scegliere se darsi la forma di fondazione, aprendosi anche a capitali esterni oppure restare interamente pubbliche: nessuna “privatizzazione selvaggia”, ma criteri di responsabilità. Gli atenei dissestati saranno commissariati e ogni euro sottratto agli sperperi verrà investito nella ricerca.

BERLUSCONI: Ridicole le polemiche sulla telefonata a Obama

“Le critiche del Pd sono la dimostrazione che l’opposizione non ha niente da fare. Si rassegnino, ci lascino governare, non siamo continuamente in campagna elettorale. Con Obama ci siamo sentiti al telefono quando sono stato a Washington per il Columbia Day, quando sono stato ricevuto con tutti gli onori. In questi due giorni, non l’ho sentito perche’ ero impegnato a Mosca e poi sono stato 3 ore in viaggio. Dunque, e’ semplicemente, assolutamente ridicolo: prima mi si da’ dell’amerikano con la K e ora mi si rimprovera di non aver telefonato a Obama". Lo ha affermato il nostro presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, durante la conferenza stampa al termine del Consiglio europeo straordinario di Bruxelles.

venerdì 7 novembre 2008

P. A: Brunetta, calo assenze 45- 46%

Con un risparmio di 400- 500 milioni di euro


ANSA) - ROMA, 6 NOV - In 3 mesi le assenze per malattia nella pubblica amministrazione sono scese del 45-46%. Lo ha affermato il ministro Renato Brunetta. Il ministro ha aggiunto che questo si traduce in un risparmio di 400-500 milioni di euro. Brunetta e' tornato a parlare anche dei tornelli per i magistrati, ricordando loro che 'sono pubblici dipendenti' e che 'l'uso e l'obbligo di installare tornelli o sistemi per rilevare le presenze viene da una legge del governo Prodi'.

GELMINI: Razionalizzeremo i corsi di laurea e premieremo gli atenei virtuosi

"Rimane il taglio del 2010 però abbiamo un anno, forse anche più di tempo, per cominciare un percorso di riforma. Il governo si rende conto che è un taglio impegnativo ma riteniamo che dalla razionalizzazione dei corsi di laurea, che non vuol dire impoverimento dell’offerta formativa ma semplicemente l’andare ad eliminare i corsi inutili, quelli con un unico studente, e anche da un utilizzo migliore delle risorse, noi abbiamo la possibilità di realizzare risparmi e rendere quel taglio meno doloroso.

Lo ha affermato il ministro per l’Istruzione Maria Stella Gelmini, nella conferenza stampa a palazzo Chigi al termine del Cdm che ha approvato il decreto e le linee guida sull’Università.

La Gelmini ha invitato a considerare il 2009 l’anno "in cui l’attenzione non va posta sull’aspetto finanziario, ma sulla necessità di cominciare un percorso di riforma, con maggiore consapevolezza nelle Università. E questo percorso noi lo vorremmo avviare sapendo che la scadenza del 2010 è significativa: ma un anno di tempo ci può aiutare ad aumentare la percentuale della risorse allocate sulla base della qualità della ricerca, e l’eliminazione di sede distaccate e corsi inutili possono portare risorse da reinvestire nell’Università".

Le quattro riforme per l’universita’ riguarderanno il reclutamento dei docenti, il dottorato di ricerca, il sistema di valutazione e la governance. L’idea del governo e’ quella di tradurli in altrettanti ddl. Il ministro ha ribadito la volonta’ di dialogare con le parti in causa, "anzi con tutto il Paese" e per questo ha fatto "un appello a tutti quelli che vogliono dare un contributo". La Gelmini ha inoltre posto l’accento sul fatto che "c’e’ tutto il tempo per elaborare una proposta di riforma. Vogliamo compiere delle scelte condivise, senza pero’ posticipare all’infinito la riforma". Il governo si muovera’ su una "linea di confronto e condivisione", per compiere "scelte coraggiose": "Abbiamo il tempo di una legislatura".

Sabato a Bari convegno Calderoli-Fitto

BARI - L'appuntamento con il federalismo e le conseguenze per lo sviluppo del territorio pugliese e meridionale. Le novità che attendono il Mezzogiorno ed i possibili percorsi. Questi i temi di Federalismo e Sviluppo del Mezzogiorno: idee per il cambiamento, convegno-dibattito organizzato da Cantiere Puglia ed in programma sabato 8 novembre alle ore 10:30 presso l’Hotel Palace di Bari.

L'apertura dei lavori è affidata al docente ordinario di Diritto Costituzionale Comparato Luigi Melica. Sono previsti gli interventi del Ministro per la Semplificazione Normativa Roberto Calderoli, del Ministro per i Rapporti con le Regioni Raffaele Fitto, dei senatori Mario Baldassarri e Nicola Latorre. Intervengono inoltre il deputato Simeone Di Cagno Abbrescia, il presidente di Confindustria Puglia Nicola De Bartolomeo, il presidente dell’ente Fiera del Levante Cosimo Lacirignola, il presidente di Cna Puglia Giovanni Brigante, l'amministratore unico di Seap Domenico Di Paola, il presidente di Anci Puglia Michele Lamacchia, il docente ordinario di Diritto Costituzionale Aldo Loiodice, il docente ordinario di Diritto Amministrativo Pierluigi Portaluri, il docente ordinario di Diritto Costituzionale Vincenzo Tondi Della Mura e l'imprenditore Antonio Quarta. Chiusura dei lavori affidata al presidente del comitato scientifico di Cantiere Puglia Adriana Poli Bortone.

"L'approvazione del disegno di legge sul federalismo fiscale – spiega Adriana Poli Bortone – non rappresenta solo una fase di realizzazione del programma di Governo, ma costituisce un’occasione per riflettere e ri-pensare all’attuazione dell’intero Titolo V della Costituzione. «Federare» significa «unire», creando coesione attraverso un patto di mutuo consenso. Il federalismo non può dunque essere la premessa di divisioni e steccati tra le diverse Regioni del Paese. Anche se mai come in questo momento storico preme avere regole chiare e soprattutto misure capaci di premiare chi è virtuoso e penalizzare chi non lo è, promuovendo una sana «competizione» tra i territori. In tale prospettiva – continua – lo sforzo del Governo a porre le Regioni sullo stesso piede di partenza è chiarissimo. Sulla base di queste considerazioni riteniamo che l’eccellente lavoro compiuto dai Ministri Calderoli, Bossi, Fitto e Tremonti e dall’intera compagine governativa possa anche essere migliorato attraverso le opportune integrazioni operanti in tali direzioni. La riforma del federalismo fiscale, è, infatti, ancora condizionata dall’effettivo varo del federalismo istituzionale e dalla definitiva realizzazione del principio di sussidiarietà. Trattasi di profili indispensabili al funzionamento delle regole sul federalismo fiscale. Non può inoltre negarsi che il «successo» della riforma non potrà scaturire (solo) dalla capacità coercitiva della legge, ma sarà affidato alla responsabilità degli Amministratori locali, ossia dei soggetti esponenziali dei reali centri di imputazione delle novità introdotte dalla novella costituzionale e dalle sue fonti applicative. Sarà la capacità di emancipazione delle Regioni e degli enti locali, infatti, a determinare il buon esito delle norme e ad impedire - conclude Adriana Poli Bortone – che un’opportunità di crescita si trasformi in un motivo di ulteriore divario tra le differenti aree del Paese».

[La Gazzetta del Mezzogiorno]

giovedì 6 novembre 2008

Un'udienza al mese, anzi due

Le Corti d'appello per il settore civile e del lavoro tengono mediamente un'udienza al mese; quelle penali la bellezza di due; con questi numeri e a causa di questi numeri, in talune realtà territoriali le udienze vengono rinviate al 2014.

Davanti a certe cifre è lecito domandarsi se i milioni cittadini in attesa di sentenza possano considerare più provocatoria l'ipotesi di introdurre i "tornelli" oppure la recente dichiarazione del segretario dell'Associazione Magistrati, Giuseppe Cascini, che infuriato dichiara:"In venti anni la produttività dei magistrati è raddoppiata".

Avete sentito bene: non un anno, non due, non cinque, ma venti anni! Se il sistema industriale avesse ragionato così, le aziende in Italia - che pure non brilla per produttività - sarebbero ancora ferme al telaio a mano e alla catena di montaggio.

Prendendo per buono il dato statistico enunciato da Cascini, si deduce che venti anni fa nel settore civile le Corti d'appello tenevano "mezza udienza" al mese e in quello penale una. Numeri non propriamente esaltanti, allora come oggi. Ancor meno indicativi di produttività, laddove si consideri che il numero delle cause pendenti nel frattempo è cresciuto in maniera esponenziale (certo ben più che raddoppiato). Ecco così che il Italia abbiano un arretrato di oltre cinque milioni di cause nel civile e di oltre tre milioni nel penale.

Nei tribunali le cose vanno un po' meglio, ma sempre a ritmi incompatibili con questi arretrati da smaltire. Il vero "imbuto" sono dunque soprattutto le Corti d'appello e, in parte, la Cassazione dove normalmente ogni magistrato tiene quattro udienze al mese. Risultato: si arriva a sentenza mediamente nell'arco di dieci anni (il doppio dell'obiettivo comunitario di cinque/sei); scatta la possibilità di un ricorso sui "tempi ragionevoli" del processo; lo Stato italiano paga milioni di euro ogni anno per risarcimenti ai cittadini che fanno causa per i processi lenti.

Nel frattempo i magistrati vanno avanti nella carriera con un percorso economico legato all'anzianità e sostanzialmente sganciato dall'efficienza e della produttività. Con casi clamorosi, come quello del procuratore di Vigevano che, in un'intervista, dichiara candidamente di risiedere a Roma e andare in ufficio una o due volte la settimana.

Certo, i mali delle giustizia sono profondi, esistono problemi di strutture a volte fatiscenti. Ma non è accettabile che la magistratura reagisca a ogni tentativo di riforma o di innovazione con una difesa a riccio della categoria, facendo un bel mazzo dei magistrati che si dannano per lavorare (e sono tanti) e di quelli più o meno fannulloni.

Due mesi fa è arrivata a Venezia Maria Romei Pasetti, prima donna a presiedere una Corte d'appello. È una delle città dove le udienze vengono rinviate al 2014.
Con un provvedimento d'emergenza ha imposto di applicare magistrati di primo grado alla Corte d'appello, con il compito di smaltire l'arretrato. I risultati ci sono già. Non è un caso unico ma può essere un caso-guida. È la dimostrazione che con la buona volontà (di alcuni magistrati) qualcosa può migliorare. E che l'Associazione magistrati, difendendo tutti, non difende la giustizia, ma soltanto la categoria. Davanti a casi come quello di Venezia il re è nudo.

martedì 4 novembre 2008

CICCHITTO: Obama è simpatico ma bisogna vederlo all'opera

"Dando per scontato che il governo italiano avra’ un ottimo rapporto con il prossimo presidente degli Usa, quale che sia, voglio aggiungere due cose. Reputo del tutto provinciale l’operazione tentata da Veltroni, che, essendo in difficolta’ in Italia, fa adesso, alla rovescia, l’operazione che i comunisti italiani facevano con il mito dell’Urss, per cui, secondo lui, se vincesse Obama, allora il Pd, al suo rimorchio, ne trarrebbe grandi vantaggi". Lo ha affermato il presidente dei deputati del Pdl, Fabrizio Cicchitto che ha spiegato. "Vedo anche che, dall’altro lato, nel centrodestra vengono fatte dichiarazioni pro Obama, fra le quali una, come al solito assai intelligente, di Sandro Bondi. Visto che siamo in una paradossale fase di dichiarazione di voto anche qui in Italia, a mia volta dichiaro di astenermi. Obama risulta molto simpatico per come appare in televisione e nel rapporto con la gente. E’ certamente una straordinaria operazione mediatica ed esprime il ’nuovo’, ma su alcuni temi decisivi, dalla politica estera alla politica economica non si capiscono quali sono le sue impostazioni di fondo. Di conseguenza, aspetto di vederlo all’opera se, come e’ probabile ma non totalmente certo, vincesse le elezioni".

sabato 1 novembre 2008

Perché i Baroni cavalcano la protesta

La riforma che non esiste
La situazione delle nostre università è paradossale: studenti e professori infatti contestano contro una riforma che ancora non esiste. Esistono, è vero, i tagli, ma non sono drammatici: in media il 3% l’anno (1,4 miliardi in cinque anni su una spesa complessiva di circa 10 miliardi l’anno). Si parte da tagli quasi nulli nel 2009, mentre poi le riduzioni diverranno via via crescenti per raggiungere la media del 3% nell’arco di un quinquennio. Un taglio non certo terribile, dunque, visto che la stessa Conferenza dei rettori ha riconosciuto che in Italia la spesa per studente è più alta che in Francia e in Gran Bretagna.

Promozioni automatiche
Ma i baroni universitari cavalcano la protesta per mantenere intatto il loro potere. Un esempio? Nei prossimi mesi si svolgeranno nuovi concorsi per settemila posti in più fra ricercatori e professori (ordinari e associati). I 4 mila posti di professore saranno semplicemente promozioni automatiche di persone che sono già da anni dentro le università, e i concorsi saranno rigorosamente finti, con buona pace di qualsiasi giovane ricercatore che voglia far valere le proprie qualità.


10 anni ipotecati
Ebbene: se questi concorsi andranno in porto, si potrà smettere di parlare della riforma dell’università, perché per dieci anni non ci sarà più posto per nessuno e ai nostri studenti migliori non rimarrà che andare all’estero. Lo stesso Umberto Eco, invitato all’università di Siena, ha bacchettato gli studenti contestatori dicendo: “I tagli danneggiano più i professori che voi, è molto curioso che facciate una battaglia del genere per i baroni”.


I giuslavoristi
La politica finora non ha mai affrontato il problema dei concorsi universitari e del sistema moltiplicatore di cattedre e degli insegnamenti, nonostante gli allarmi lanciati di tanto in tanto dall'interno degli atenei. Qualche anno fa fu Gino Giugni, padre dello Statuto dei lavoratori, a sollevare il problema con un articolo sul Corriere della Sera. Giugni, riferendosi a quella parte di mondo accademico - i giuslavoristi - che conosceva di più, rivelava: "C’è una gestione combinata nella selezione dei giovani studiosi". Ma a mettere il dito sulla piaga fu Pietro Ichino, oggi deputato del Pd e professore all'università statale di Milano: "Una cupola regola i concorsi universitari per le cattedre di diritto del lavoro. Solo chi si sottomette alle regole della cooptazione può vincere".


La "cupola" dei baroni
Le denunce di Giugni ed Ichino hanno prodotto un dossier raccolto dalla Guardia di Finanza che contiene decine di dichiarazioni a verbale di professori universitari stanchi di dover fare i conti con un vero e proprio trust di cattedre e concorsi. Achille Serra, ex commissario anticorruzione e ora deputato del Pd, confermò l'anno scorso che la situazione di "parentopoli" nelle università italiane è gravissima. Nei fascicoli inviati dal commissario anticorruzione alla procura di Roma si traccia l'organizzazione di una vera "cupola" formata da "baroni" che regolerebbe cattedre e concorsi nelle università italiane, attraverso, soprattutto, le commissioni di esami, che vengono costituite in modo tale che "a vincere sia sempre il candidato della facoltà universitaria che ha bandito il concorso e che è sostenuto dal professore della cattedra, componente la commissione".
La Guardia di Finanza, da parte sua, ha preso in esame una cinquantina di bandi appurando che l’80 per cento di quanti avevano fatto domanda ai concorsi si erano ritirati prima degli esami e quasi tutti quelli che li avevano superati avevano svolto attività nella stessa università che aveva bandito il concorso. Una vera e propria cooptazione, dunque, in cui non c’è spazio per la meritocrazia. E poi sarebbe il governo a far fuggire i nostri giovani ricercatori all’estero…!!!