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giovedì 13 novembre 2008

Universitari in difesa dei baroni?

Lo sciopero indetto per venerdì dai sindacati dell'università al quale hanno puntualmente aderito le sigle studentesche di sinistra, politicamente non sta in piedi. La stessa cosa vale per l'alleanza studenti-docenti-Rettori che ha caratterizzato la protesta di piazza delle ultime settimane. In un sistema formativo al collasso come il nostro, non è credibile che le vittime (i giovani) scendano in piazza a braccetto con i baroni, i quali hanno sacrificato la scienza e la ricerca sull'altare del clientelismo e delle parentele. L'atteggiamento più miope, però, è sicuramente quello degli studenti, che invece di aspirare ad un ingranaggio mosso dal merito e il talento, si trovano a fare le sentinelle dei privilegi altrui.


Con le norme approvate nell'ultimo Consiglio dei Ministri, infatti, lo slogan contro il governo che secondo gli studenti "taglia e basta" senza investire, vale meno di zero. Basti pensare allo stanziamento di risorse destinate alle borse di studio (135 milioni di euro) e agli alloggi (65 milioni di euro). Si tratta di un primo, importante, rimedio al problema della stabilità per i fuori sede, spesso costretti a piegarsi al mercato degli affitti in nero. Uno studio pubblicato su Il Sole 24 Ore ha messo che gli studenti italiani hanno difficoltà a lasciare la famiglia per studiare: circa il 72% di essi, infatti, o sceglie una facoltà nella sua stessa città di origine, oppure preferisce affrontare il quinquennio da pendolare quotidiano, senza trasferirsi in un'altra città. Questi dati confermano che è giunta l'ora di investire sui servizi per gli studenti, mettendo un freno alla proliferazione delle cattedre. A tal proposito, è significativo il dato che quantifica nel 32,6% l'aumento delle assunzioni di cui hanno beneficiato i professori ordinari in otto anni, pari a tre volte quello di crescita della popolazione studentesca. Uno squilibrio che non poteva restare senza sanzione. Ora la sanzione, sottoforma di una buona riforma, è arrivata. Peccato che a non capirlo sia una parte minoritaria degli studenti, la più rumorosa.

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