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sabato 8 novembre 2008

I FATTI DEL BUONGOVERNO: L'università della meritocrazia

Riforma nel segno della meritocrazia
Il Consiglio ha approvato un decreto-legge in materia di diritto allo studio, valorizzazione del merito e qualità del sistema universitario e della ricerca. In particolare il decreto-legge contiene disposizioni finalizzate a:

1.favorire il reclutamento di giovani ricercatori nelle Università;


2.incentivare con una quota significativa del finanziamento statale (7%) le Università che, sulla base di parametri oggettivi di valutazione, favoriscono la ricerca ed il merito;


3.prevedere parametri oggettivi per la valutazione dei professori e dei ricercatori e per la formazione delle Commissioni di valutazione;


4.stanziare nuove risorse per favorire la realizzazione di residenze universitarie e consentire a tutti i capaci e meritevoli aventi diritto di usufruire delle borse di studio.


Dopo l’approvazione delle misure più urgenti contenute nel decreto-legge, il Ministro Mariastella Gelmini ha presentato al Consiglio le linee guida per l’Università’, che costituiranno i contenuti di un ampio disegno di legge di prossima presentazione al Parlamento ed i cui capisaldi saranno: autonomia degli Istituti, responsabilità degli operatori e riconoscimento del merito.La riforma dell’Università presentata ieri è uno di quegli atti che caratterizzano l’azione di un governo e di un’intera legislatura. Un fiore all’occhiello per la maggioranza ed il Paese. Speriamo che stavolta anche l’opposizione faccia la propria parte rinunciando a qualche vecchio slogan di piazza e qualche consenso di giornata. Stavolta non ci sono più alibi.“Meritocrazia contro il declino”. Prendiamo in prestito il titolo dell’editoriale del Sole 24 Ore. Ne citiamo le prime righe: “Il governo sta imboccando la strada giusta per rinnovare il capitale umano, dando spazio ai giovani, introducendo norme selettive per il loro ingresso nell’università, e bloccando il reclutamento in quegli atenei che spendono per il personale più del 90% dei fondi statali”.
Dalla parte dei giovani. Questo è il senso sia del decreto approvato dal governo, con le misure più urgenti, sia delle linee guida della riforma organica dell’università e della ricerca. Tutte le misure sono dalla parte dei giovani, contro le vecchie baronie accademiche e gli sprechi. Il merito e la ricerca sono al centro del decreto e della futura riforma, oltre ad interventi di sostegno economico per studenti meritevoli e per l’edilizia scolastica.“Una prova di coraggio”. Così la definisce il Corriere della Sera. “È una prova di coraggio quella del ministro dell’Istruzione di insistere su una delle riforme di cui l’Italia ha bisogno. Senza iattanza e arroganza, tenendo aperto il canale del dialogo, ma senza rimandare il tutto alle calende greche”.


Stop ai concorsi pilotati. Il decreto mette fine al malcostume dei concorsi a cattedre con l’esito prefabbricato. Il governo aveva di fronte due soluzione: o bloccare i concorsi già indetti per i prossimi giorni, sostituendo le commissioni con una graduatoria nazionale, rischiando però di paralizzare la vita accademica; oppure modificare le commissioni che finora, con il criterio delle terne (un “barone” più tre professori scelti da lui), hanno consentito gli scambi di favori tra una commissione e l’altra. Da oggi al docente che ha indetto il concorso se ne affiancheranno quattro estratti a sorte in una rosa di dodici eletti.


Tremila ricercatori in più. Dal 2009 le università si apriranno a 3.000 nuovi ricercatori: due per ogni accademico che andrà in pensione. Finora valeva il criterio opposto: gli atenei offrivano incentivi ai docenti che si trattenevano oltre l’età di pensionamento bloccando le carriere dei giovani. Ovviamente si agirà in maniera da non rinunciare, tra gli ordinari, ai talenti che vale la pena trattenere.


Responsabilità sui conti in rosso. Ma le università con i bilanci pesantemente in deficit non potranno bandire concorsi per docenti e personale amministrativo. Finora molti atenei hanno agito con il criterio delle vecchie partecipazioni statali: conti in dissesto e ripianamento a piè di lista da parte dello Stato. Le cause sono varie: dal proliferare dei famigerati corsi di laurea inutili, buoni solo per conservare qualche cattedra, alle spese per attività che nulla hanno a che fare con la didattica. D’ora in poi tutti saranno responsabili dei loro budget.


Premi ai migliori. Viceversa gli atenei virtuosi sul piano amministrativo ma soprattutto con una migliore produzione scientifica verranno premiati, intanto con uno stanziamento di 500 milioni di euro.Soldi per le borse di studio. Dei 180 mila giovani meritevoli di un sostegno economico, ben 40 mila si sono finora dovuti arrangiare. I fondi finivano infatti nel tritatutto dei bilanci delle università. Ora interverrà il governo con un finanziamento diretto di 150 milioni, per garantire la borsa di studio a chiunque la meriti.


Via libera alle residenze universitarie. Se qualcuno ha visitato qualche università straniera avrà notato come accanto alle aule esistano da sempre le strutture destinate ad accogliere gli studenti fuori sede. Camere, servizi, aree per il tempo libero. Da noi non si è mai fatto nulla, o quasi, costruendo enormi università senza neppure un posto letto, anche dove (esempio, Tor Vergata a Roma) non sarebbe mancato lo spazio. Tutto ciò ha prodotto un mercato nero dei posti letto, spesso incentivato dall’interno delle università. Ora il governo inizia a bloccare questo malcostume: i primi 65 milioni di euro serviranno a 1.700 posti letto nei campus. E da qui in avanti nessuna nuova università, e nessuna nuova facoltà negli atenei esistenti, potrà sorgere senza strutture per i fuori sede.


La riforma mette al centro gli studenti. Fin qui il decreto. Anche la riforma, che sarà presentata come disegno di legge, avrà le stesse caratteristiche. Al centro ci saranno gli studenti e la ricerca, non l’apparato accademico e burocratico. Sono previste lezioni e laboratori in lingua straniera, prestiti d’onore per gli studenti, valutazione periodiche dell’attività dei docenti.


Fine degli sprechi. Al tempo stesso la riforma metterà fine ai corsi di laurea fasulli, ai bilanci allegri, alle carriere prefabbricate, ai precariati a vita. Le università potranno scegliere se darsi la forma di fondazione, aprendosi anche a capitali esterni oppure restare interamente pubbliche: nessuna “privatizzazione selvaggia”, ma criteri di responsabilità. Gli atenei dissestati saranno commissariati e ogni euro sottratto agli sperperi verrà investito nella ricerca.

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